L’emergenza della plastica nei mari e i modi per contrastarla sono al centro della campagna di Clean Seas, la piattaforma lanciata da UNEP, l’United Nations Environment Programme, e che unisce singoli, governi e industrie di tutto il mondo per ridurre la plastica negli oceani.
I nostri mari sono pieni di plastica. Ce ne possiamo accorgere semplicemente passeggiando su una spiaggia. Ma questo ha degli effetti sull’ecosistema marino, su di noi e sui cambiamenti climatici in generale.
La produzione di plastica è aumentata esponenzialmente negli ultimi decenni. Siamo passati da 2 milioni di tonnellate nel 1950 a più di 430 milioni del 2017 e si prevede che la produzione quadruplicherà entro il 2050.
Lo smaltimento dei rifiuti plastici è invece in affanno:
Molta di questa plastica viene esportata in Paesi con una inefficiente capacità di gestione dei rifiuti e, negli ultimi anni, è aumentato il commercio illegale dei rifiuti plastici. (1)
Ogni anno vengono scaricate in mare 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, come se ogni minuto un camion scaricasse il proprio carico in mare.
Mille fiumi del mondo sono responsabili dell’80% dell’inquinamento globale e in mare navigano 51 trilioni di particelle di microplastiche, ossia frammenti di plastica di grandezza inferiore ai 5 mm.
Il 46% della plastica trovata in mare è costituita da attrezzature da pesca abbandonate, come reti e nasse. (2)
I rifiuti plastici possono essere scambiati per nutrimento dagli animali. Infatti rappresentano una delle principali cause di morte dei pesci e degli uccelli marini. Oppure possono costituire delle vere e proprie trappole. Secondo il WWF, sono 700 le specie interessate da fenomeni di inquinamento di materie plastiche. (3)
In mare, la plastica segue le correnti fino ad arrivare nell’Artico e persino in cima all’Everest. Quando si degrada in particelle sempre più piccole riesce ad entrare nell’acqua potabile e persino a rimanere sospesa nell’aria. Quando consumiamo pesci contaminati, entra anche nelle nostre diete. Sono state trovate tracce di plastica persino nel nostro sangue e nella placenta umana con rischi per la salute non del tutto esplorati.
La piattaforma Clean Seas di UNEP ha l’obiettivo di creare più consapevolezza sulle conseguenze dell’inquinamento marino da plastica sulla fauna e sulla nostra salute. La piattaforma è aperta a tutti. Riunisce infatti privati cittadini, gruppi della società civile, imprese e governi per arrivare ad una drastica riduzione dei rifiuti.
Dal 2017, anno della sua creazione, hanno aderito a Clean Seas 69 Paesi che rappresentano il 76% delle coste del mondo. Clean Seas è diventato un importante strumento per guidare la trasformazione di abitudini, pratiche e politiche in tutto il mondo. Anche i Paesi che non hanno sbocchi sul mare stanno aderendo perché hanno capito l’importanza di tenere puliti i fiumi dalla sorgente alla foce. (4)
L’impegno dei governi è importante per sensibilizzare l’opinione pubblica, offrire incentivi per il riciclaggio e attuare leggi vincolanti sulla riduzione o divieto di plastica inutile ed evitabile. Aderendo alla campagna, i Paesi possono accedere ad una piattaforma e alle migliori pratiche per profilare il proprio lavoro e incoraggiare gli altri ad agire. Possono richiedere anche il supporto tecnico dell’UNEP per sviluppare i propri piani d’azione.
Ecco alcuni esempi degli impegni che i Paesi hanno assunto da quando hanno aderito alla campagna di Clean Seas:
Anche l’Unione Europea si è impegnata con Clean Seas, nel 2017 attraverso la coalizione Aquaria, campagna per aumentare la consapevolezza sui rifiuti marini, e nel 2019 approvando la direttiva sulla riduzione dell’impatto di alcuni prodotti in plastica (direttiva SUP, 2019/904/CE). (5) Tuttavia, gli sforzi non sono mai abbastanza. Ora speriamo che il regolamento sulla riduzione degli imballaggi e sul potenziamento del riciclo e riuso venga approvata.
Le aziende svolgono un ruolo fondamentale in questa partita. Sono queste infatti che producono un’enorme quantità di imballaggi in plastica che spesso non viene riciclata e viene incenerita o dispersa nell’ambiente. Molte delle più grandi aziende, dette Fast Moving Consumer Goods Company (FMCG) hanno preso impegni nel 2018 per ridurre il packaging o aumentare il riciclo (New Plastic Economy Global Commitment).
I loro siti sono costellati da promesse e impegni di sostenibilità. Tuttavia, il documento di BFFP sgretola questa verde narrazione (6) mentre il rapporto dell’UNEP del 2022, che valuta l’andamento degli impegni presi, afferma che quasi sicuramente gli obiettivi non saranno raggiunti. (7)
Coca-Cola Company, ad esempio, che distribuisce 120 miliardi di bottiglie all’anno, si è impegnata a riciclare una bottiglia o lattina usata per ogni nuova venduta entro il 2030 e ad aumentare il contenuto di plastica riciclata nelle bottiglie al 50% entro la stessa data. (8) Peccato che la maggior parte dei residui trovati in spiaggia negli ultimi anni appartengano proprio a questa compagnia.
Break Free From Plastic è un movimento internazionale che riunisce organizzazioni e singoli cittadini. Ogni anno dal 2018 realizza un report, Brand Audit Report, dove vengono analizzati i rifiuti plastici recuperati nelle spiagge dai volontari di 44 Paesi.
Per il 63% (dato in aumento) i rifiuti raccolti nel 2022 appartengono a Coca-Cola Company. Poi abbiamo PepsiCo, Nestlé, Procter & Gamble, Mondelez International, Philip Morris International, Danone, Mars e Colgate-Palmolive, le prime in classifica ogni anno. (9) Coca-Cola Company è stata persino lo sponsor ufficiale della COP27 sui cambiamenti climatici. Un palese esempio di greenwashing.
Noi, singoli cittadini, abbiamo un grande potere anche se spesso non ce ne accorgiamo. Possiamo scegliere. Scegliere quali prodotti comprare, con che tipo di packaging, preferiamo quelli riutilizzabili. Controlliamo gli ingredienti dei cosmetici, i materiali dei nostri vestiti e ricicliamo.
Più di 111.000 persone hanno preso un impegno con Clean Seas e hanno condiviso le loro esperienze sui social per coinvolgere gli altri. Attraverso un semplice gioco disponibile sul sito (10), tutti possono prendere un impegno nei confronti della natura e degli oceani. E alla prossima passeggiata in spiaggia, raccogliamo i rifiuti che troviamo e menzioniamo #CleanSeas nelle nostre foto. Possiamo essere un esempio per gli altri. Rendiamo la pulizia dei mari virale!
Alessandra Mei
(1) UNEP, Drowning in Plastic, executive summary, https://wedocs.unep.org/bitstream/handle/20.500.11822/36989/VITGRAPH_ES.pdf
(2) Dal sito di Clean Seas https://www.cleanseas.org/did-you-know
(3) Dati dal sito del WWF https://www.wwf.it/cosa-facciamo/mari-e-oceani/plastica/
(4) https://www.cleanseas.org/about
(5) Clean Seas, Turn the tide on plastic. Why become a Clean Seas country? https://express.adobe.com/page/YZgiTSpy72fHj/
(6) BFFP, Missing the Mark. Unveiling corporate false solutions to the plastic pollution crisis https://drive.google.com/file/d/1VWL78eU8VMDApX8H5mlvui_zJ3RhNvi8/view
(7) UNEP, The Global Commitment 2022, progress report, https://emf.thirdlight.com/link/f6oxost9xeso-nsjoqe/@/preview/3
(8) Dal sito di Clean Seas, https://www.unep.org/news-and-stories/story/what-are-businesses-doing-turn-plastic-tap?_ga=2.204251289.84436743.1673423200-1412289195.1673423200
(9) BFFP, Branded, five years of holding corporate plastic polluters accountable, Brand Audit Report 2018-2022 https://brandaudit.breakfreefromplastic.org/wp-content/uploads/2022/11/BRANDED-brand-audit-report-2022.pdf
(10) https://www.cleanseas.org/make-pledge
Laureata in Giurisprudenza all'Università di Bologna, ha frequentato il Master in Food Law presso la stessa Università.