L’allarme Covid-19 – nel mettere in crisi il sistema sanitario italiano, come molti altri – ha causato un aumento drastico delle vittime di infarti.
Questo fenomeno è stato oggetto di diversi studi. Da parte della SIC, Società Italiana di Cardiologia. (1) E di altri gruppi di ricerca in Spagna, USA, Hong Kong. (2) Gli studi convergono nel rilevare il calo e il ritardo nei ricoveri ospedalieri, da un lato, e la conseguente impennata di mortalità e altre complicanze. Una lezione da apprendere.
La Società Italiana di Cardiologia ha curato lo studio multicentrico Reduction of hospitalizations for myocardial infarction in Italy in the COVID-19 era, pubblicato sullo European Heart Journal. La ricerca, condotta su 54 ospedali italiani associati al Coronary Care Unit – Academy Investigator Group, ha analizzato il numero di ricoveri per infarto acuto del miocardio (Acute Myocardial Infarction, AMI) nella settimana 12-19.3.20, subito dopo il lockdown. Confrontandoli con quelli della stessa settimana nel 2019.
‘Mentre i sistemi sanitari insieme all’opinione pubblica, ai media e ai pazienti erano focalizzati sulla pandemia di COVID-19, si è osservata in tutta Italia una preoccupante riduzione dei ricoveri per infarto acuto al miocardio con un aumento parallelo dei tassi di mortalità e delle complicanze. È necessario prendere in considerazione l’adozione tempestiva di contromisure per evitare un impatto sociale ampio e di lunga data.’ (1)
Lo studio italiano mostra come agli albori della pandemia i ricoveri per infarto miocardico, nei 54 ospedali oggetto di analisi, siano dimezzati (319 vs 618, -48,4%). Con andamento omogeneo tra le Regioni del Nord, del Centro e del Sud. Sebbene il nuovo coronavirus sin da principio si sia diffuso in prevalenza al Settentrione.
‘I ricoveri per infarto acuto al miocardio durante la pandemia da Covid 19 si sono significativamente ridotti in tutta Italia, con un parallelo aumento della mortalità e dei tassi di complicanze. Questo rappresenta un grave problema sociale, che richiede attenzione da parte delle comunità scientifiche e sanitarie e delle agenzie di regolamentazione pubbliche’.
La sanità ‘non-Covid’ si è peraltro arenata nei più vari contesti, come ulteriori studi dimostreranno. Discontinuità alle terapie oncologiche, rinvio di interventi chirurgici programmate, blocco della gran parte dell’attività medica e paramedica ritenuta ‘non indispensabile’.
La mortalità per infarto nel periodo considerato dallo studio (12-19.3) è più che triplicata. Per tutti i tipi di infarto acuto al miocardio, dal 2,8% del 2019 al 9,7% del 2020. Per l’infarto STEMI (ST-Elevation Myocardial Infarction), dal 4,1% al 13,7%. Le complicazioni non mortali più gravi sono invece quasi raddoppiate, dal 10,4% al 18,8%.
Il ritardo nell’accesso alle cure mediche è aumentato in misura significativa, durante l’epidemia. Troppo, per queste patologie ove il tempismo è cruciale. Il periodo che intercorre tra l’esordio dei sintomi e l’angiografia coronarica di è dilatato oltremodo, +39,2%, rispetto all’anno precedente.
Si segnala inoltre un divario di genere, poiché la flessione maggiore nei ricoveri per infarti ha riguardato le donne. Ma
‘La maggiore riduzione delle ammissioni di STEMI tra le donne (41,2%) rispetto agli uomini (25,4%) estende la proporzione del problema, poiché il divario di genere già intollerabile nel trattamento dell’AMI è ulteriormente ampliato da questa emergenza sociale e molto probabilmente si tradurrà in un ulteriore aumento della mortalità cardiovascolare e della morbilità tra le donne’.
‘Il principale risultato del presente studio è la drammatica riduzione del numero di ricoveri per AMI in tutta Italia durante la pandemia di COVID-19. In effetti, le ammissioni per l’AMI si sono dimezzate durante la pandemia rispetto al periodo equivalente dell’anno precedente’.
I ricercatori italiani attribuiscono il fenomeno in esame a due principali cause, tra i diversi fattori che vi abbiano contribuito:
– i pazienti si sono tenuti lontani dagli ospedali. ‘In primo luogo, è possibile che la paura del contagio in ospedale abbia scoraggiato l’accesso ai servizi medici di emergenza, in particolare dopo che i media hanno diffuso la notizia che l’infezione si era ampiamente diffusa tra i pazienti ricoverati e il personale sanitario a causa della mancanza di dispositivi di protezione personale’,
– i servizi sanitari non sono funzionati a dovere. ‘Una seconda ipotesi è legata al fatto che il sistema medico di emergenza era focalizzato su COVID-19 e che la maggior parte delle risorse sanitarie sono state trasferite per gestire la pandemia’.
L’elemento critico che emerge dalla ricerca è il mancato raggiungimento dell’ospedale, per varie cause, da parte della metà dei pazienti colpiti da infarto acuto al miocardio. L’incremento significativo di mortalità e la prevalenza di complicanze durante il ricovero ‘devono suonare come un campanello d’allarme per gli operatori sanitari e le agenzie di regolamentazione pubbliche’.
La privatizzazione e i tagli alla sanità pubblica – oltre all’assenza di Livelli Essenziali di Assistenza degni del nome, nelle varie Regioni – costituiscono le macro-cause del disastro. Da attribuire, vergognosamente, a ogni parte politica dello scenario nazionale. Dal punto di vista operativo giova tuttavia inserire alcune parole non dette:
– crisis management. Le organizzazioni di produzione di beni e fornitura di servizi essenziali alla collettività devono adottare, testare e aggiornare procedure di gestione delle emergenze. Proprio per evitare di trovarsi impreparati di fronte a eventi come Covid-19 che, come si è visto, possono e devono venire previsti. La cultura della gestione crisi sfugge però alla gran parte degli operatori, nel settore pubblico come nel privato,
– telemedicina. Se ne inizia a parlare solo ora in Italia, a seguito della pandemia, mentre nella Repubblica Popolare Democratica di Corea oltre 200 presidi medici e ospedalieri sono interconnessi da un decennio. Medicina di prevenzione, tele-assistenza, monitoraggio, intercettazione tempestiva dei sintomi sono solo alcune delle funzioni che la telemedicina può già ora assolvere. Nella prospettiva di interconnettere la medicina territoriale e specialistica con i centri di cura.
Dario Dongo e Sabrina Bergamini
Note
(1) Salvatore De Rosa, Carmen Spaccarotella, Cristina Basso, Maria Pia Calabrò, Antonio Curcio, Pasquale Perrone Filardi, Massimo Mancone, Giuseppe Mercuro, Saverio Muscoli, Savina Nodari, Roberto Pedrinelli, Gianfranco Sinagra, Ciro Indolfi, Società Italiana di Cardiologia and the CCU Academy investigators group. Reduction of hospitalizations for myocardial infarction in Italy in the COVID-19 era. European Heart Journal, Volume 41, Issue 22, 7.6.20, Pages 2083–2088, https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehaa409
(2) Said Ashraf, Suleman Ilyas, M Chadi Alraies. Acute coronary syndrome in the time of the COVID-19 pandemic. European Heart Journal, Volume 41, Issue 22, Pages 2089–2091, https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehaa454
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.