Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di Giulia, una mamma nonché caregiver di un bambino di 10 anni con una disabilità grave (sindrome Charge), la quale invoca un’assistenza doverosa e tuttavia negata nel Comune di Roma, Regione Lazio, Italia.
La sindrome CHARGE è una malattia genetica rara (con incidenza 1/10.000), il cui nome è un acronimo inglese delle principali caratteristiche cliniche con cui essa si manifesta:
– coloboma (malformazione dell’occhio con possibili alterazioni della vista)
– heart defects (anomalie cardiache)
– atresia choanae (atresia delle coane, un’anomalia congenita delle vie aeree nasali posteriori caratterizzata dall’ostruzione di una o entrambe le coane, con segni clinici che vanno dal distress respiratorio acuto all’ostruzione cronica del naso
– growth retardation (ritardi nella crescita e lo sviluppo), genital abnormalities (anomalie genitali e/o urinarie)
– ear abnormalities (anomalie dell’orecchio: dei padiglioni auricolari, del condotto uditivo esterno e interno e dell’orecchio interno). (1)
Il bambino di cui alla presente lettera, nato a settembre 2013, è stato dimesso dall’ospedale solo sei mesi dopo la nascita. Il quadro clinico complesso, associato alla sindrome di CHARGE, ha richiesto una tracheotomia e un sondino gastrico per l’idratazione (PEG, Percutaneous endoscopic gastrostomy) già in fase neonatale. (2) Ed è stato perciò sottoposto a un progetto di assistenza domiciliare ad alta intensità.
Le infermiere che hanno assistito il bambino a domicilio lo hanno sempre seguito anche all’asilo (dai 3 ai 6 anni) e a scuola, occupandosi di gestire i suoi bisogni fisiologici e non solo. Vale a dire:
– idratazione attraverso un sondino gastrico (PEG)
– somministrazione di pasti semisolidi (per os), a causa della disfagia (3)
– supporto scolastico in caso di assenza delle figure preposte, poiché il bambino non ha mai ricevuto copertura completa per le ore di frequenza a tempo pieno.
‘A settembre 2022 finalmente, il bambino ha migliorato la capacità respiratoria ed è stato così possibile rimuovere la tracheotomia, con un intervento chirurgico. Il piano di assistenza domiciliare (PAI) è stato però drasticamente ridotto, nonostante il perdurare di gravi disturbi sensoriali, comportamentali e dell’attenzione, con incapacità di camminare da solo al di fuori dell’ambiente domestico.
Già dopo un paio di mesi dalla chiusura della tracheotomia – nonostante la permanenza delle altre condizioni, che comprendono tra l’altro il rischio continuativo di cadere a terra per problemi di equilibrio – l’assistenza infermieristica è scesa da 12 a 9 ore di copertura nel periodo scolastico e 4 ore nel periodo estivo (metà giugno, luglio e metà agosto 2023). Costringendomi a non poter lavorare, pur avendone necessità per sostentare la famiglia’.
‘Il problema è sorto a fine anno scolastico, quando il CAD (Centro Aggregazione Disabili) mi ha comunicato che poiché la legge non prevederebbe ‘nella maniera più assoluta’ che un disabile ‘non ventilato’ usufruisca di questo servizio (né a domicilio, né a scuola). Non mi veniva assicurato che da dicembre 2023 il servizio venisse rinnovato.
Il responsabile infermieristico del CAD mi proponeva perciò di prendere un appuntamento con il dirigente della scuola primaria per proporre di formare il personale scolastico alla gestione della gastrostomia (PEG) in vista di una possibile sospensione del servizio. Accettavo questo incontro, mio malgrado, evidenziando subito l’assurdità di tale ipotesi, per le ragioni che seguono‘.
‘Né un insegnante né un OEPAC (Operatore Educativo per l’Autonomia e la Comunicazione) né un assistente alla comunicazione, per quanto volonterosi, possono sostituirsi a un infermiere professionale. L’esigenza di attenzione continuativa e la capacità di gestire situazioni critiche sono già emerse in precedenti casi di soffocamento del bambino.
Il personale scolastico oltretutto cambia ogni anno e ruota di ora in ora, senza poter garantire una presenza costante neppure nel corso della giornata scolastica giornaliera. E se la figura scolatica (maestra, OEPAC o assistente alla comunicazione) istruita a idratare il bambino tramite PEG o a somministrare il pasto per os è assente, è possibile rinunciare all’idratazione e al nutrimento del bambino?‘.
‘La sola disabilità che giustifica l’assistenza di una figura sanitaria professionale, secondo la tesi del CAD, sarebbe quella legata a insufficienza respiratoria che richiede la ventilazione meccanica. Esistono peraltro tante forme di disabilità grave come quella del mio bambino. Il quale, nonostante i miglioramenti, presenta a tutt’oggi grandi difficoltà che richiedono un’assistenza infermieristica insostituibile. Alcuni esempi:
– disfagia per liquidi e solidi. Il bambino è in attesa del terzo intervento chirurgico di ricostruzione di palato e gengive, con innesto osseo, a causa di labiopalatoschisi (4)
– deficit di equilibrio. Il bambino, portatore di impianto acustico a conduzione ossea BAHA V, ha una sordità medio-grave, nonché una riduzione del campo visivo a causa della presenza di colobomi a entrambi gli occhi. Deficit sensoriali, disturbi dell’attenzione ed emotivi, a cui si aggiunge il ritardo cognitivo, espongono il bambino a frequenti rischi di caduta‘.
‘La rivendicazione delle esigenze sopra esposte aveva permesso di ottenere una proroga del piano di assistenza domiciliare (PAI), fino al termine del ciclo scolastico nella scuola primaria, da parte del responsabile infermieristico del CAD. Il quale però, con pochi giorni di anticipo, mi ha comunicato che a decorrere dal 9 giugno 2024 – al termine della scuola – l’assistenza infermieristica sarebbe stata dimezzata nel periodo estivo e addirittura sospesa, a meno di:
– portare il bambino a un centro estivo o a un centro diurno, ovvero e/o
– presentare un certificato medico del SSN ove si attesti il rischio di morte del bambino’.
‘L’iscrizione del bambino a un centro estivo gli avrebbe consentito di trascorrere almeno parte della giornata, nel periodo estivo, con i suoi coetanei. E interagire con loro, in un ambiente prezioso per la crescita psicologica che prosegue in lui come in tutti gli altri bambini.
Ho provato così a informarmi sui centri estivi disponibili in zona, specializzati in disabilità e non, senza tuttavia trovarne alcuno compatibile con le nostre esigenze e possibilità economiche, comportando spese di 50 euro al giorno, a intero carico della famiglia, per l’accesso giornaliero part-time‘.
‘La follia è che il servizio TMSREE (Tutela Salute Mentale e Riabilitazione Età Evolutiva) di ASL 2 Roma aveva rilasciato a stento il certificato per la messa in lista del bambino in centri riabilitativi, poiché ritenuto troppo grave, mentre il CAD della stessa ASL non riconosce la medesima gravità tanto da decidere di interrompere la continuità del progetto di assistenza.
Il CAD (Centro Aggregazione Disabili) insiste infatti nell’affermare che ‘nonostante la complessità del bambino non è necessaria e giustificabile la presenza di un professionista infermeristico, ed è il caregiver a doversi occupare del paziente in questi casi’. In pratica, ‘affari vostri!’.
Le operatrici – neppure la ASL né la cooperativa appaltante – mi hanno da ultimo confermato che da luglio verrà sospeso anche il progetto riabilitativo domiciliare fino ad oggi composto da:
– disfagia (mantenimento pre-intervento da integrare al post intervento), 1 ora a settimana
– logopedia e comunicazione, 3 ore la settimana
– fisiokinesiterapia, 3 ore la settimana
– terapia occupazionale, 3 ore la settimana solo in teoria poiché mai integrata nell’ultimo anno per mancanza di operatori‘.
‘Proprio agli inizi di giugno ho intrapreso un lavoro come operatore call center in smart working, l’unica condizione compatibile con le esigenze del bambino. La cessazione del servizio infermieristico andrebbe nuovamente a gravare anche sulla condizione economica familiare, rendendo impossibile per me la prosecuzione del rapporto lavorativo.
E le istituzioni? Dove sono le istituzioni? Possibile che ci troviamo ancora abbandonati a causa della scarsità dei fondi economici che dovrebbero supportare famiglie e situazioni come quella che viviamo noi? Possibile che debba trovarmi a elemosinare ogni minimo aiuto per poter consentire una vita dignitosa a mio figlio?’
La presente lettera viene trasmessa ai dirigenti di ASL 2 Roma, all’assessore alla Sanità di Regione Lazio e alla ministra per la Disabilità Alessandra Locatelli. Preannunciando, in difetto di immediata soluzione ai problemi denunciati, ogni meglio vista azione per la tutela dei diritti negati.
#Égalité! #PaceTerraDignità!
La nostra istanza ha ricevuto tempestivo riscontro, come ci scrive Giulia.
‘Egregio avv. Dongo
In riferimento al Suo intervento alla mia richiesta di aiuto, sono qui a porgerLe i miei più sentiti ringraziamenti per il fantastico obbiettivo raggiunto, tra l’altro in tempi record!
La Sua diffida, inviata per mail stanotte alle 00:16 circa, ha scatenato dei riscontri già stamattina dalle 7,15.
Io e la mia famiglia non troviamo le parole per rappresentarle la gratitudine e la commozione che proviamo! Trovare chi ci dà ascolto ma soprattutto chi è disposto a schierarsi per lottare con noi e per noi non è cosa affatto semplice!’.
‘Nonostante la gioia resta in me però l’amaro di quanto concettualmente è di fatto emerso da tutta questa situazione: noi abbiamo avuto la fortuna di conoscere lei e intraprendere quella che poteva essere una lotta contro le istituzioni (per fortuna per ora finita bene) molto più complicata, ma non riesco a non chiedermi continuamente: e se non avessi avuto la forza, il coraggio, il contatto utile per ribellarmi? Cosa sarebbe successo?
Se avessi taciuto accettando la decisione della asl, senza combattere, avrei solo peggiorato la mia condizione di vita, ma soprattutto quella di mio figlio e della mia famiglia tutta, per le conseguenze che questa decisione avrebbe comportato?
Perché dobbiamo continuamente lottare con le unghie e con i denti per vedere rispettati i diritti dei ns cari già flagellati della gravità della loro salute? Perché dobbiamo sempre affannarci e scalare le montagne per garantire un percorso di vita dignitoso ai nostri cari? Perché?’.
‘Insomma questi quesiti mi lasciano davvero la tristezza e l’amaro in bocca, perché nel 2024, nonostante le continue campagne politiche, sia regionali che nazionali, mirate a promuovere una maggiore cura, attenzione e inclusione di persone fragili e con disabilità, è evidente che queste parole vengono utilizzate e strumentalizzate solo per “riempirsi la bocca”e che di fatto, le istituzioni abbandonano i più bisognosi e i più deboli alle loro già tristi realtà.
Non smetteremo mai di ringraziarla abbastanza!
Con affetto
Giulia’
Dario Dongo
(Il soggetto nell’immagine di copertina non corrisponde al bambino a cui la lettera è riferita)
(1) Ospedale Bambino Gesù. Sindrome di CHARGE https://tinyurl.com/mr3wbf4m
(2) Assisla. PEG https://tinyurl.com/5ex9c9s5
(3) Dario Dongo. Disfagia e rischi di malnutrizione delle fasce vulnerabili di popolazione. GIFT (Great Italian Food Trade). 8.4.23
(4) La labiatoschisi è una malformazione congenita che si presenta con un’interruzione (schisi), la quale coinvolge (in combinazione o singolarmente) il labbro superiore, la gengiva e il palato
(5) Dario Dongo, Sabrina Bergamini. Italia, madri e caregiver senza tutela. Égalité. 22.11.19
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.