Le spiagge accessibili – senza barriere architettoniche e con una sedia a rotelle anfibia, tipo JOB, per accompagnare in acqua le persone con disabilità – rimangono una pia illusione in gran parte d’Italia. Sebbene una legge dello Stato le prescriva dal 1992.
Le concessioni demaniali e i loro rinnovi sono subordinati ‘all’effettiva possibilità di accesso al mare delle persone handicappate’ (legge 104/1992, art. 23.3)
Il cartellino col logo della sedia a rotelle, all’ingresso degli stabilimenti, è spesso ingannevole. A volte chi non cammina riesce a malapena a raggiungere l’area bar-ristorante, cosa ben diversa dall’entrare in acqua e vivere il mare.
Una spiaggia accessibile alle persone con disabilità richiede alcuni requisiti minimi di struttura:
– un percorso su passerella, ininterrotto e libero da ostacoli, dall’ingresso alla riva,
– una o più piazzole con ombrellone e lettini rialzati (per facilitare i trasferimenti dalla sedia a rotelle e viceversa),
– una sedia a rotelle anfibia, per accompagnare in acqua le persone con disabilità (senza costringere chi è su sedia a rotelle a entrare in mare con la propria),
– servizi igienici riservati e docce accessibili con un seggiolino di supporto. Sia esso reclinabile e fissato alla parete o amovibile, purché idoneo e omologato,
– accessibilità del bar, magari anche con una parte di bancone fruibile a chi è seduto.
L’entrata in acqua è l’elemento cruciale per distinguere uno stabilimento accessibile. La struttura deve disporre di una sedia a rotelle ‘da spiaggia’, per garantire la sicurezza che non è compatibile con umilianti, se pur generosi, trasbordi a braccia.
La sedia anfibia forse più economica e diffusa in Italia è la JOB, sebbene altri modelli svolgono la stessa funzione. Gli assistenti ai bagnanti, ovviamente, devono essere a disposizione per condurla e avere ricevuto una formazione minima su come aiutare le persone con disabilità.
Una lista dei lidi (solo in teoria) accessibili viene offerta dal blog InVisibili, sul Corriere della sera. Il censimento è articolato per Regioni e conta 650 spiagge su 8.300 km di costa. Ma attenzione, non sempre lo stabilimento citato in elenco offre i servizi essenziali sopra citati.
Prima di andare al mare, insomma, è necessario fare una verifica. A fronte del rischio di restare fuori e trovarsi ad ascoltare balle spaziali, del tipo ‘siamo in attesa della consegna delle sedia’, ‘la pedana verrà realizzata la prossima settimana’ eccetera, che chi vive una disabilità conosce bene.
La lista delle spiagge accessibili è consultabile a questo link, grazie al lavoro certosino del blog InVisibili.
Le istituzioni pubbliche e gli operatori privati si ostinano a disapplicare la legge. Tutti i titolari di concessione demaniale hanno dovere di garantire l’effettiva accessibilità dei servizi balneari ma quasi tutti se ne fregano e nessuno li controlla, come si è visto.
Ai disabili oggi in Italia, restano solo di diritti di carta. Possiamo fare l’origami con la Costituzione italiana, la UN Convention on the Rights of Persons with Disabilities (CRPD) e le leggi vigenti. La sola vacanza garantita a tutti è il mare in cartolina, con buona pace all’esistenza di una ministra per la Disabilità nel governo dei ‘migliori’. Avanti il prossimo
Dario Dongo e Marta Strinati
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.