La ministra Erika Stefani si accinge per la prima volta a fare qualcosa per la disabilità, con una legge-delega il cui unico obiettivo sembra quello di tagliare i già scarsi fondi a disposizione degli ultimi tra gli ultimi.
Con la falsa scusa di sempre, ‘ce lo chiede l’Europa’.
Lo schema di legge-delega proposto dal governo di Mario Draghi (AC 3367) riferisce alla Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030, adottata dalla Commissione Europea il 3.3.21. Trascurando invece la risoluzione sulla protezione delle persone con disabilità adottata dal Parlamento europeo il 7.10.21, di ben altra portata.
Il richiamo alla strategia UE è peraltro una mera formalità poiché l’unico suo punto ripreso (ma non inteso) nel disegno di legge riguarda le definizioni di ‘disabilità’ e ‘menomazione permanente’. Per finalità che in ogni caso esulano dal documento europeo, come si vedrà.
I creativi della comunicazione sono giunti a evocare il concetto di ‘legge-quadro’ per descrivere la proposta di legge-delega in esame. Ed è un grande bluff poiché la delega che il governo pretende venga approvata subito – con la scusa del PNRR, ove la disabilità non ha trovato alcuna attenzione degna di nota – si limita a prevedere alcuni interventi su poche norme che già esistono e quantomeno funzionano.
L’obiettivo di tanta fretta sembra piuttosto quello di intervenire con mani di forbice sulle procedure amministrative di valutazione e certificazione della c.d. invalidità civile, neppure considerate dalla Strategia UE per i diritti delle persone con disabilità. Con l’idea di una caccia alle streghe che rischia di tradursi in nuove spade di Damocle su una categoria di persone già sottoposte a 1,2 milioni di controlli ogni anno, che rischieranno di veder decurtati i punti d’invalidità da commissioni ordinate di perseguire il risparmio.
L’Osservatorio nazionale per la disabilità può solo eventualmente venire consultato dal governo, che ambisce perciò a promulgare i decreti legislativi senza doverne rendere conto ai diretti interessati. Égalité e Genitori Tosti Onlus hanno perciò richiesto che ‘i progetti normativi vengano sottoposti a una procedura di consultazione estesa, da promuovere e condurre attraverso il sito internet del ministero della disabilità’.
La consultazione pubblica è necessaria, a nostro avviso, ‘affinché sia l’Osservatorio nazionale per la disabilità, sia le associazioni che operano in tale ambito e più in generale le parti sociali interessate possano esprimere i loro punti di vista che dovranno venire tenuti in apposita considerazione’.
La partecipazione non deve poi venire limitata alle associazioni ‘maggiormente rappresentative’, poiché la capacità di rappresentare la esigenze di un’ampia platea di persone con varie forme e livelli di disabilità prescinde dal ‘potere sindacale’ delle associazioni. Serve piuttosto accogliere e considerare i contributi di tutti, come si addice a ogni democrazia moderna.
La figura del ‘garante nazionale per la disabilità’, come introdotta nel disegno di legge, è del tutto velleitaria. Come può un organo monocratico, privo di poteri e di risorse, prendere in carico le istanze anche solo di qualcuno tra i 3,1 milioni di persone con disabilità censite da Istat?
Bisogna piuttosto introdurre un sistema di sanzioni amministrative, proporzionate ma dissuasive, affinché le disposizioni a tutela delle persone con disabilità trovino finalmente applicazione. Dare atto che le barriere sociali, culturali e architettoniche collocano l’Italia in fondo alla lista dei Paesi membri UE, per innescare una trasformazione. Con il bastone delle sanzioni e la carota di crediti fiscali e altre agevolazioni.
Il garante – la cui istituzione è stata osteggiata dalle associazioni di categoria dominanti, FISH e FAND – deve invece a nostro avviso ‘coordinare i controlli sull’effettivo rispetto delle norme stabilite a tutela delle persone con disabilità e applicare le sanzioni amministrative a tal uopo introdotte’. Avvalendosi a tal fine della collaborazione della Guardia di Finanza, alla quale si deve altresì attribuire la competenza a eseguire controlli, anche d’ufficio, e applicare sanzioni per le violazioni delle norme stabilite a tutela delle persone con disabilità.
Il vuoto pneumatico, in questo atto privo di senso, è l’ennesimo oltraggio alla dignità e ai diritti umani fondamentali di una categoria vulnerabile di cittadini che in Italia è già afflitta dalla completa disapplicazione della Convenzione ONU a essi dedicata (CRPD).
Neppure un cenno viene dedicato alle più gravi carenze in cui il Paese versa, a partire dall’assenza dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) su dispositivi salvavita e altri ausili da cui dipende l’esistenza di chi suo malgrado non è autonomo.
Si accenna a progetti di vita indipendente riferendo a ‘budget di progetto’ anziché a ‘budget di salute’, come annota il grande esperto Carlo Giacobini, assieme alle preziose note a cui si fa richiamo con invito alla lettura.
Dario Dongo
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.