«Sempre stanca, dolorante, ogni cosa era diventata difficile da gestire, a livello fisico, ma a volte anche a livello mentale. Per i medici era tutto dovuto a stress, che poi uno si convince pure di essere stressato, depresso e pure ipocondriaco. Gli esami vanno tutti bene, che altro può essere se non un problema mentale? […] Non ero pazza, si trattava di fibromialgia».
È una delle tante testimonianze di pazienti affette da fibromialgia riportate nel recente studio “Le malattie invisibili. Le barriere della cronicità” del Coordinamento toscano dei gruppi di auto aiuto, pubblicato nel quadrimestrale Briciole. (1)
Si tratta di un viaggio nella fibromialgia e nelle malattie invisibili che affliggono malati che “non si vedono”, perché non hanno una diagnosi tempestiva o la ricevono dopo un percorso di esami medici infinito. Il dossier dà voce alle testimonianze dei pazienti e di medici, avvocati e psicologi-psicoterapeuti coinvolti nella difficile gestione di queste patologie, che richiamano la necessità di assistenza medica, psicologica e giuridica. Uno degli aspetti più interessanti che emerge, oltre alle testimonianze delle donne che soffrono di fibromialgia, è che la ricerca di informazioni (e di conforto) conduce spesso a dottor Google. I pazienti cercano informazioni di salute, cure e diagnosi – o meglio autodiagnosi – sul web. Per tante diverse ragioni.
Il punto di partenza è che “nella nostra società le malattie croniche comportano un carico assistenziale enorme con conseguenze psicosociali elevate che inevitabilmente ricadono sui costi sanitari”.
«Pazzia, depressione, stress e ansia sono solo alcune delle diagnosi che le donne e gli uomini affetti da patologie invisibili si sono sentiti dire prima di arrivare ad una diagnosi reale e concreta. Malattie invisibili: patologie incurabili e/o poco studiate che colpiscono milioni di persone ma non sono ancora del tutto riconosciute dallo Stato».
I numeri. In Italia le proiezioni sulla cronicità indicano che nel 2028 ci saranno 25 milioni di malati cronici, mentre i multi-cronici saranno 14 milioni. Le malattie croniche rappresentano la principale causa di morte quasi in tutto il mondo. Secondo l’OMS, in Europa le malattie croniche provocano almeno l’86% dei morti e il 77% del carico di malattia. Le malattie croniche prevedono la presa in carico dei pazienti sul territorio e l’assistenza continua nel decorso della malattia. Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità al gennaio 2022, citati dal dossier, “le malattie croniche (o non trasmissibili) interessano in Italia circa 24 milioni di persone”.
Il percorso già complesso di gestione di una malattia cronica diventa però un’odissea quando si ha a che fare con le patologie invisibili, poco conosciute e complicate, per le quali non ci sono esami specifici e c’è una scarsa conoscenza che rende difficile riconoscerle e diagnosticarle da parte degli stessi medici.
Il dossier parte del caso della fibromialgia, riconosciuta dall’OMS nel 1992 ma ancora malattia invisibile “per eccellenza”. Sono malattie spesso relegate tra i “disturbi di ordine psicosomatico”. Eppure la fibromialgia, evidenzia lo studio, colpisce circa 2 milioni di italiani, facendone la seconda patologia reumatica in termini di diffusione dopo l’osteoartrosi. Stiamo parlando di una patologia che colpisce più del 3% della popolazione italiana, soprattutto donne, ma che non è riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale e viene talvolta etichettata come “malattia psicosomatica”. Accade così che chi soffre di una patologia invisibile rimanga spesso intrappolato in un limbo causato dalla difficoltà diagnostica e dall’incertezza della terapia da seguire. Solo nel dolore.
Se la diagnosi è difficile, se si sta sempre male e non si riesce a trovare la causa del proprio dolore, allora accade anche che i pazienti si affidino a dottor Google. “Le persone affette da cronicità si trovano spesso, in prima battuta, ad affidarsi al web per auto diagnosticarsi la malattia”, dice il dossier. E da qui, fra i contributi presenti nel paper, un capitolo dedicato alla Cybercondria – mai affidarsi al dottor Google, a firma Rosaria Mastronardo e Tiziana Lazzeri.
«Sulla cybercondria in Wikipedia si legge: “Cybercondria è un neologismo, derivato dall’unione delle parole cyber ed ipocondria, che si riferisce alle infondate preoccupazioni di un paziente, derivanti da ricerche su internet, verso sintomatologie comuni. La cybercondria è una preoccupazione crescente tra gli operatori sanitari, in quanto i pazienti possono ora ricercare qualsiasi malattia e tutti i sintomi ad essa associabili consultando la rete internet. Questo può portare il paziente a manifestare uno stato di ansia medica e ad ostacolare la diagnosi del medico esagerando, riducendo o eliminando un insieme di sintomi a sostegno della propria auto-diagnosi».
Così esordisce il contributo, che cerca di spiegare le ragioni per cui i malati invisibili cercano risposte e diagnosi online. Il pericolo di cercare informazioni mediche su Google è certo quello di trovare «informazioni imprecise, troppo generalizzate e spesso dannose». Ma il fenomeno è degno di rilievo perché molti malati cronici e rari risultano forti utilizzatori di blog e social media, perché in questo modo riescono ad entrare in relazione con persone che soffrono della stessa patologia – alla ricerca di qualche cura disponibile in qualche parte del mondo.
Alla base della ricerca di informazioni mediche online a dottor Google non c’è quindi solo la facilità di accesso al web, evidenzia il contributo, scritto da due autrici che lavorano nei gruppi di auto aiuto della fibromialgia.
«C’è sicuramente altro, soprattutto quando ad effettuare la ricerca è un malato cronico. Non è facile accettare una malattia cronica: si spera sempre che il medico abbia sbagliato diagnosi, si spera sempre in un farmaco che faccia finalmente miracoli, si spera in un esame diagnostico innovativo a cui sottoporsi, l’ennesimo ‘si spera’ nella ricerca scientifica, magari portata avanti in un paese situato dall’altra parte della terra e che il tuo medico ignora».
Questo vale ancor più per le malattie croniche invisibili. I pazienti con fibromialgia vagano in rete alla ricerca di risposte per una serie di motivi: perché non ricevono adeguate risposte dai medici di medicina generale; perché si riceve solo una lista di farmaci e non le informazioni su come gestire la malattia; perché ci sono pochissimi centri di riferimento per queste tipologie di malattie, anche nelle regioni virtuose che hanno Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali.
Di fatto sono malati invisibili e soli. Scoprono che la malattia è cronica ma che non esiste cura e si ritrovano a peregrinare fra gli specialisti con speranze sempre minori.
Ma non si può loro affibbiare anche la “colpa” di cercare online risposte che non trovano dagli specialisti, ammoniscono le autrici.
«Spesso, invece, i malati cronici vengono lasciati soli, in balia di loro stessi, ed ecco quindi che scatta la ricerca nel web, nel mondo virtuale, dove il paziente nutre la speranza di trovare qualcosa che possa far stare bene, che possa far sperare. Tutto questo è anche pericoloso, perché persone senza scrupoli potrebbero trarre vantaggio e approfittare dei pazienti in difficoltà che ‘girovagano’ in rete alla ricerca di una risposta o di risposte che purtroppo ancora non ci sono. Da anni, i pazienti affetti da malattie croniche hanno diverse etichette cucite addosso ingiustamente, evitiamo di bollarli anche come “cybercondriaci”».
Sabrina Bergamini
(1) Le malattie invisibili. Le barriere della cronicità https://www.cesvot.it/documentazione/le-malattie-invisibili