Siamo immersi in un brodo (non primordiale) di microplastiche. Presenti nell’acqua, nell’aria, sul suolo. Frutto spesso della moda facile e veloce, con vestiti ad altissima intensità di consumo, fatti di fibre sintetiche e a basso costo, spesso di bassa qualità, di cui sono pieni gli armadi.
‘I tessuti sono una delle principali fonti di inquinamento da microplastiche‘, dice un recente dossier dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA), che sottolinea l’impatto ambientale delle microplastiche rilasciate dai tessuti. (1) Sul banco degli imputati c’è appunto la moda pronta o fast fashion, che rappresenta una delle principali fonti di rilascio delle microplastiche derivanti da capi d’abbigliamento, non solo nella fase di lavaggio ma in tutta la catena produttiva.
C’è un generale aumento di consapevolezza sull’inquinamento da microplastica, che riguarda mare e oceano, aria e suolo e ha effetti negativi sugli ecosistemi, sugli animali e sulla salute umana, evidenzia l’EEA. Le microplastiche sono state trovate nell’organismo umano: in polmoni, sangue, placenta.
Le microplastiche possono essere rilasciate direttamente nell’ambiente o possono derivare dalla degradazione di pezzi di plastica più grandi. Dai 6 ai 15 milioni di tonnellate di plastica vengono disperse ogni anno nell’ambiente, ricorda il dossier dell’EEA.
Sotto l’azione della luce solare, del vento, delle onde e di altri fattori, la plastica si degrada in piccoli frammenti noti come microplastiche, di dimensioni 0,001-5 mm, o anche nanoplastiche, che misurano meno di 0,001 mm.
Oltre alla frammentazione dei rifiuti di plastica in particelle più piccole, ci sono poi le microplastiche prodotte intenzionalmente (come le microsfere contenute nei prodotti per la cura persona, ad esempio) e quelle che derivano dall’usura dei prodotti o dal rilascio di microfibra durante il lavaggio di tessuti sintetici. L’uso e il lavaggio dei tessuti fatti in fibra sintetica è fonte riconosciuta di rilascio di microplastiche nell’ambiente. Con quali dimensioni? Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente e le stime della ricerca, oltre 14 milioni di tonnellate di microplastiche si sono accumulate sui fondali oceanici del mondo. Ed è una quantità che cresce ogni anno, causando danni agli ecosistemi, agli animali e alle persone.
Circa l’8% delle microplastiche europee rilasciate negli oceani proviene da tessuti sintetici (a livello mondiale questa cifra è stimata fra il 16% e il 35%). In Europa si stima che 13.000 tonnellate di microfibre tessili, pari a 25 grammi a persona, vengano rilasciate nelle acque ogni anno. Ogni anno tra le 200.000 e le 500.000 tonnellate di microplastiche provenienti dai tessuti entrano nell’ambiente marino del mondo.
Sul banco degli imputati ci sono soprattutto quei capi d’abbigliamento fatti in fibre sintetiche, come il poliestere e l’acrilico. Non solo a livello di uso, perché la dispersione di microfibre e microplastiche avviene lungo l’intera filiera dell’industria tessile, dalla produzione all’uso fino allo smaltimento dei prodotti tessili in quanto rifiuti.
Secondo stime diffuse per la Giornata mondiale della Terra, enormi quantità di rifiuti caratterizzano infatti il settore tessile e ogni anno circa 40 milioni di tonnellate di tessuti vengono inviate alle discariche o all’incenerimento. Il 60% di tutti gli indumenti è costituito da fibre sintetiche come il poliestere, derivato del petrolio che contiene alti livelli di microplastiche. Il lavaggio degli indumenti sintetici rilascia microplastica e contribuisce al 35% di tutto l’inquinamento da microplastica oceanica. Senza contare l’impronta idrica della moda: si stima che per produrre una t-shirt in cotone servano 3 mila litri di acqua. (2)
Lo studio dell’Agenzia europea per l’ambiente spiega che la maggior parte delle microplastiche che viene dai tessuti viene rilasciata durante i primi lavaggi. Molta della responsabilità va allora imputata alla fast fashion.
‘Di conseguenza, la fast fashion rappresenta un livello particolarmente elevato di rilascio di microfibre, poiché i capi di fast fashion in genere contengono un’alta percentuale di fibre sintetiche e rappresentano un’alta percentuale di primi lavaggi, poiché tendono ad essere utilizzati solo per poco tempo e a consumarsi rapidamente‘.
Si stima ancora che dai tessuti sintetici si riversino negli oceani un totale compreso fra 0,2 e 0,5 milioni di tonnellate di microplastica ogni anno.
C’è una crescente preoccupazione per la presenza e la dispersione di microplastiche, nonché per il loro impatto sull’ambiente e sulla salute umana. C’è anche molta incertezza sulla dimensione di questo impatto ma ‘un certo grado di esposizione cronica alle microplastiche è purtroppo parte integrante della vita contemporanea’, deve riconoscere l’EEA.
Le microplastiche arrivano a tutti gli esseri viventi e sono ovunque. Vengono ingerite da tutti gli organismi viventi, dai pesci ai grandi mammiferi del mare, dagli animali terrestri e dagli esseri umani. Particelle di microplastiche vengono inalate. È stata segnalata la presenza di microplastiche in un’ampia gamma di alimenti e bevande, inclusi frutti di mare, acqua potabile, birra, sale e zucchero. Oltre alla presenza fisica di microplastiche, destano preoccupazione le sostanze chimiche potenzialmente tossiche che queste contengono. ‘Si ritiene che alti livelli di esposizione alle microplastiche inducano reazioni infiammatorie e tossicità e le microplastiche possono essere vettori per la diffusione di agenti patogeni e microbi’.
Come agire sulle microplastiche? ‘È possibile ridurre o prevenire il rilascio di microplastiche dai tessuti, ad esempio implementando processi di progettazione e produzione sostenibili e adottando misure che controllino le emissioni di microplastiche durante l’uso e migliorando lo smaltimento e il trattamento di fine vita‘, dice l’EEA.
Se le microfibre vengono rilasciate soprattutto nei primi lavaggi di vestiti nuovi, questo significa che ‘la fast fashion, con capi usati per poco tempo e sostituiti spesso, rappresenta un alto livello di rilascio di microfibra – spiega l’EEA – Di conseguenza, sono necessari cambiamenti nel comportamento di acquisto dei consumatori insieme alla consapevolezza dell’impatto che i nuovi capi di abbigliamento hanno sull’inquinamento da microplastica. Tale cambiamento potrebbe essere facilitato da modelli di business più circolari, che promuovono la riduzione dei consumi e un utilizzo più lungo‘.
Un intervento sulle lavatrici, invece, potrebbe partire dall’inclusione di filtri per prevenire appunto il rilascio di microfibre. In generale serve un’azione su più piani e tre percorsi per prevenire il rilascio di microplastiche dai tessuti: progettazione e produzione sostenibili; l’azione di misure per controllare le emissioni di microplastica durante l’uso; un migliore smaltimento e trattamento di fine vita. Serve inoltre fare ricerca sui processi produttivi innovativi e su tecnologie di trattamento dei rifiuti che prevengano, riducano e catturino le microplastiche lungo tutto il ciclo di vita dei tessuti.
Le misure per prevenire e ridurre il rilascio involontario di microplastiche dalle fibre sintetiche possono riguardare la progettazione dei prodotti, il miglioramento dei processi di fabbricazione, il pre-lavaggio negli stabilimenti industriali di fabbricazione, l’etichettatura e la promozione di materiali innovativi.
Nel pacchetto sull’economia circolare della Commissione europea c’è anche la Strategia Ue per prodotti tessili sostenibili e circolari (3). La necessità condivisa è quella di cambiare rotta per favorire la scelta di abiti di qualità, destinati a durare, che possano essere usati per più tempo e riutilizzati, al centro di un’economia circolare che investe anche il settore tessile e la moda. Insomma: unire moda e sostenibilità.
Anche perché, dice la Commissione europea, «in media, ogni cittadino europeo butta via ogni anno 11 kg di prodotti tessili. Nel mondo ogni secondo l’equivalente di un camion di prodotti tessili viene collocato in discarica o incenerito. La produzione mondiale di prodotti tessili è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2015 e il consumo di capi di abbigliamento e calzature dovrebbe aumentare del 63 % entro il 2030. Parallelamente a questa costante espansione, gli impatti negativi sulle risorse, l’acqua, il consumo di energia e il clima continuano a aumentare».
Sabrina Bergamini
(1) Microplastics from textiles: towards a circular economy for textiles in Europe
https://www.eea.europa.eu/publications/microplastics-from-textiles-towards-a
(2) Earth Day 2022 Fashion for the Earth
https://www.earthday.org/campaign/sustainable-fashion/
(3) Domande e risposte sulla strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_22_2015